La rotta balcanica

13 LUGLIO 2020

Un coordinamento di realtà della società civile crea un network di monitoraggio: il loro dossier

“In poco tempo, lungo questo corridoio militarmente monitorato e di fatto legalizzato, sono sorti campi profughi di transito, stazioni dei treni ad hoc, centri di distribuzione di cibo e vestiario, cliniche mediche. Oltre al supporto fornito dalle organizzazioni non governative, fondamentale è stata la mobilitazione della società civile locale e internazionale in solidarietà con le persone migranti.”

Il dossier La rotta balcanica – I migranti senza diritti nel cuore dell’Europa, presentato nella seconda metà di giugno, è il primo prodotto del lavoro della rete informale RiVolti ai Balcani, una rete di realtà della società civile che si occupa di una delle rotte migratorie meno visibile all’opinione pubblica.

Associazioni di volontariato, realtà del giornalismo, operatori sul campo: tutti assieme per raccogliere testimonianze, denunciare la violazione dei diritti e le violenze sui migranti, documentare quello che – dal 2015 – accade ogni giorno sul cammino dalla Turchia all’Italia che decine di migliaia di invisibili compiono ogni giorno.

Il dossier è articolato per temi chiave: gli itinerari, i respingimenti e il crollo del sistema giuridico europeo, la criminalizzazione della solidarietà, l’esternalizzazione delle frontiere Ue, fino alle conseguenze sui diritti dei migranti della crisi sanitaria per la pandemia di quest’anno.

Vengono messi in evidenza alcuni passaggi particolarmente critici, a livello legale e umanitario.
Le responsabilità dell’Italia per le riammissioni verso la Slovenia, la brutalità della polizia croata al confine con la Bosnia-Erzegovina, il ruolo dell’agenzia Frontex, il crocevia che è diventata proprio la Bosnia-Erzegovina, il rovente confine tra Grecia e Turchia e molti altri temi.

Testimonianza raccolte sul campo, attraverso la voce dei migranti o con le denunce degli operatori.
Numeri e dati, come quello che identifica quella balcanica come una delle rotte principali oggi degli ingressi nell’Ue. A giugno 2020, in Grecia, si trovano registrate 121.000 persone, di cui 82.700 nella parte continentale distribuite nei 28 campi governativi dislocati in tutto il Paese e 38.300 sulle isole.

Numeri enormi, di fronte ai quali l’unica strategia dell’Unione europea sembra quella di rendere sempre più difficile, e pericoloso, il viaggio di queste persone. Che continueranno ad avanzare, non avendo nulla da perdere, fino a quando la situazione in paesi come la Siria, l’Afghanistan e l’Iraq resta drammatica. Proprio da questi tre paesi arriva la maggioranza delle persone registrate. 

Ue e Turchia, nel marzo 2016, siglano un accordo che rende l’approccio ‘hotspot’ un sistema, “improntato sull’emergenzialità, hanno creato centri di accoglienza e di identificazione nelle cinque isole greche dell’Egeo. Ai richiedenti asilo giunti via mare in Grecia è stato permesso il trasferimento nell’area continentale solo dopo l’esame della propria richiesta di protezione internazionale. Questo iter, la cosiddetta “restrizione geografica”, ha causato un enorme ritardo nel fornire l’esito delle domande d’asilo, bloccando migliaia di persone in campi profughi molto più simili a prigioni, per mesi o anche anni. La maggior parte dei richiedenti asilo e dei rifugiati è accolta in strutture sovraffollate con standard igienico-sanitari al di sotto dei minimi umanitari, varie Ong denunciano come molte persone abbiano problemi psicologici e tentino il suicidio a causa delle disastrose condizioni di vita a cui sono costretti. Queste misure hanno esasperato lo scontro sociale, soprattutto nelle isole, che ha visto gruppi di estrema destra mettere in pratica gravi episodi di violenza contro richiedenti asilo, le Ong e i volontari, i giornalisti che tentavano di documentare. Nonostante la Grecia sia uno Stato membro dell’Unione europea, resta principalmente un Paese di transito dove le persone rimangono in attesa di continuare il viaggio”, documenta il dossier.

La rete RiVolti ai Balcani chiede un approccio sistematico alla rotta balcanica che, partendo dal ripristino della legalità e del rispetto dei diritti dei migranti, in particolare per Grecia e Croazia, che sono membri Ue, punti a modificare un meccanismo che produrrà invisibili e violenza crescente.

Link: REPORT

di Christian Elia