Stoccolma

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“Tutto è iniziato quando ci ha contattati Pietro Pinto, coordinatore del progetto SnapShots. Voleva sapere se fossimo interessati a unirci a questo viaggio e a noi è sembrata subito un’ottima occasione per creare un network europeo che mettesse allo stesso tavolo autorità locali e organizzazioni della società civile per un lavoro congiunto. E così abbiamo aderito”.

Così racconta Christopher Andersson, policy officer del The National Forum for Voluntary Organizations, un’organizzazione ombrello per le organizzazioni della società civile che lavorano sui temi sociali in Svezia. Obiettivo del Forum è quello di rafforzare le organizzazioni della società civile in Svezia attraverso la formazione delle opinioni, lo sviluppo delle capacità e degli strumenti per facilitare la loro missione e il loro lavoro. Il Forum mira a migliorare le opportunità per la società civile di partecipare all’implementazione delle politiche sociali in Svezia, per sensibilizzare l’opinione pubblica e per modernizzare sia il sostegno finanziario che le leggi che riguardano le organizzazioni della società civile, incoraggiando i giovani a fare la loro parte nella società, con l’organizzazione Volontärbyrån.

Nato nel 1993, il Forum è presente in tutta la Svezia e fornisce una piattaforma per le organizzazioni della società civile dove confrontarsi, fare rete e produrre proposte per la politica.

Per citare solo alcuni dei membri del Forum, basta pensare all’Associazione Svedese per il Supporto alle Vittime, all’Esercito della Salvezza, alla Croce Rossa Svedese, a Save The Children Svezia, all’organizzazione svedese per il rispetto IOGT-NTO, al Consiglio Nazionale di YWCA-YMCA della Svezia, al Lions Clubs International, a Sensus Study Association e a molte altre realtà.

“Per noi il progetto era in linea con il nostro obiettivo di rafforzare il diritto d’asilo, in Svezia e in Europa. Molte delle organizzazioni che fanno parte del Forum svolgono un lavoro importante nell’ambito dell’accoglienza e dell’integrazione dei migranti e speravamo di poter contribuire con le loro prospettive al progetto europeo”, racconta Christopher. “Ci aspettavamo nuove intuizioni sulla realtà delle città di confine e delle isole, offrendo il nostro contributo, ma allo stesso tempo crescendo come organizzazione attraverso l’apprendimento delle esperienze sulle migrazioni in Europa e sulle implicazioni che hanno su diverse città, regioni e paesi”.

Ora che il progetto, dopo un grande lavoro, volge al termine, è tempo di bilanci e di rafforzare i risultati ottenuti in questi anni. “Il networking tra realtà della società civile e autorità locali in Europa è stato molto interessante. Attraverso il progetto abbiamo imparato come si possa lavorare assieme per l’integrazione e l’accoglienza dei migranti. Il Border Town and Island Network è un esempio molto importante di come la cooperazione transnazionale possa promuovere il lavoro attraverso la condivisione di buone pratiche e metodi – racconta Christopher – È stato anche molto interessante ospitare un viaggio di studio a Östersund e mostrare ai partecipanti provenienti da tutta Europa come un piccolo comune di Östersund e le realtà sociali locali abbiano trovato nuovi modi di cooperazione flessibile nel lavoro con gli alloggi e il lavoro per i minori non accompagnati appena arrivati”.

Per quanto riguarda i pilastri di questo progetto – solidarietà, memoria, rete tra i territori d’Europa – come potremmo descrivere la Svezia?

“Dal 2015 a oggi sono accadute molte cose nel nostro paese”, racconta Andersson. “All’epoca furono tanti i migranti arrivati e attualmente sono in corso discussioni nella commissione parlamentare per la politica migratoria che prenderà una posizione sulla formulazione della futura politica migratoria svedese. Il comitato ha presentato i suoi suggerimenti e diversi membri del Forum esprimono profonda preoccupazione per lo sviluppo che stanno prendendo le linee guida governative. Il dibattito in commissione è stato molto lontano dalle proposte fatte da diversi membri del Forum, che tentavano di tener vive le profonde radici in Svezia sia nel rispetto dei diritti umani, sia nel lavoro di sostegno ai rifugiati e alla loro integrazione. Tra le proposte presentate ci sono i permessi di soggiorno temporanei, che rendono più difficile i ricongiungimenti familiari e aumentano i requisiti di reddito e di conoscenza della lingua svedese per ottenere la residenza.

In un articolo pubblicato sul giornale Aftonbladet, i rappresentanti della Croce Rossa svedese, della Chiesa di Svezia e di Save the Children Svezia hanno scritto che molte delle proposte renderebbero più difficile per la Svezia essere all’altezza del diritto d’asilo. L’idea di un obiettivo di volume che utilizza le quote di rifugiati per regolare il numero di richieste di asilo in Svezia significa che alcune delle persone più vulnerabili del mondo si vedono negare la protezione che spetterebbe loro. Allo stesso tempo però, nonostante questi problemi politici, vediamo ogni giorno il lavoro instancabile di organizzazioni e di volontari che fanno un lavoro straordinario: un esempio è l’operazione Volontärbyrån del Forum, che aiuta le organizzazioni a reclutare volontari, che ha mostrato come il 18% delle domande di volontariato erano nella categoria ‘Integrazione e rifugiati’. Questo vuol dire che esiste ancora una forte coscienza nella società civile svedese sul tema”.

Il lavoro svolto in questi anni con Snapshots ha impattato in modo positivo sul contesto?

“Credo di sì, come per esempio gli eventi organizzati in occasione del 3 ottobre 2019 sono stati un grande successo. La proiezione del documentario vincitore del festival di Lampedusa, si è attivato un dibattito politico sulla migrazione con molti partiti politici che sono intervenuti e attività di networking, siamo stati in grado di riunire oltre un centinaio di cittadini, politici e organizzazione della società civile per confrontarsi sul tema. Pensiamo che questo sia stato un successo chiave del progetto. La capacità di adottare un approccio così olistico sulla migrazione e quindi di renderlo rilevante per diversi gruppi target – racconta Christopher – se devo invece pensare a un limite, di sicuro la pandemia ha influenzato molto le modalità di incontro e di interazione con i diversi partner coinvolti nel progetto. Le attività digitali erano ben pianificate ed eseguite, ma ovviamente mancava il contatto personale, un incontro faccia a faccia. Gran parte del networking e dell’apprendimento sono fatti attraverso colloqui e discussioni in contesti più informali, ma quello del non vedersi di persona è stato un limite per tutti, che non ha impedito però di fare un gran lavoro sul nostro territorio e di rete in Europa”.

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