#BorderTales – Il vecchio albergo di Burgas

23 FEBBRAIO 2021

La memoria dei rifugiati traci e le vite in fuga di oggi

A Burgas c’è un vecchio edificio, affascinante, nonostante l’età. Una grande casa, potrebbe essere un albergo, almeno potrebbe esserlo stato.
Le sue finestre e la sua facciata, nonostante i segni del tempo e degli interventi umani, ha mantenuto un fascino elegante, con il rosso porpora che lo caratterizza.

Ma facciamo un passo indietro. Durante i primi decenni del XX secolo, il nome della città di Burgas diventò sinonimo di salvezza e speranza per migliaia di persone. Erano i rifugiati bulgari che arrivavano in riva al Mar Nero dalla Tracia orientale e occidentale.  

La posizione di Burgas ne fece il porto di approdo sicuro per tanti che avevano perso tutto, come accade oggi a milioni di persone in fuga dalla guerra e dalla povertà. I Traci, ieri, come gli afgani e i siriani oggi, costretti alla fuga da quello che accadeva nella Storia senza che nessuno chiedesse il loro parere.

La Tracia orientale e occidentale dopo il Congresso di Berlino (1878), la rivolta di Ilinden-Preobrazhenskо (1902) e le due guerre balcaniche (1912-1913), dopo la prima guerra mondiale (1914 – 1918) vennero travolti dalla storia, quando la cessione della Tracia occidentale alla Grecia li lasciò senza un’alternativa. Burgas divenne l’unica salvezza.

All’inizio degli anni 1930, la città di Burgas accolse più di 10000 famiglie dalla Tracia orientale e occidentale. Famiglie senza casa furono accolte in scuole, in edifici sul mare, nella zona del porto, in edifici comunali. Successivamente, interi nuovi quartieri e villaggi nacquero per ospitare le migliaia di rifugiati traci. Le autorità locali fornirono cure e assistenza speciali attraverso l’istituzione di una Direzione per la sistemazione dei rifugiati.

Ecco che la nostra casa, con il suo fascino antico, ci ricorda ancora quella storia. Quella casa ha un nome: Minkov Khan, conosciuto anche come il Thracian Khan. Un albergo storico della città, che venne affittato dagli immigrati traci George e Todor Minkov nel 1896 e divenne il centro dell’immigrazione tracia a Burgas. 

Il 19 febbraio 1897, ospitò il primo congresso costituente delle Thracian Societies in Bulgaria. Negli anni seguenti, ospitò i capi e i membri del Comitato Rivoluzionario Edrine. Oggi, al posto del Minkov Khan, c’è una casa con un cartello commemorativo che ricorda i traci che hanno perso la vita combattendo per la liberazione della Tracia.

La storia dei rifugiati di ieri, però, non racconta solo di accoglienza e speranza, ma anche di sviluppo e crescita economica e sociale. Gli intensi processi migratori contribuirono alla rapida espansione della città portuale di Burgas. Oggi, Burgas è la seconda città più grande sulla costa del Mar Nero e sede di due delle organizzazioni di discendenti traci esistenti in Bulgaria.

La Thracian House venne creata nel 1939 sotto la supervisione del presidente della Thracian Society , il dottor George Popkirov. La costruzione della casa fu finanziata dai contributi volontari di molti discendenti traci.

Era intesa come una pensione speciale, il cui scopo era quello di ospitare i figli dei rifugiati traci per aiutarli a costruire un futuro. Più tardi, la Thracian House fu trasformata in un cinema e in un centro culturale. Fino a poco tempo fa, era uno dei cinema più popolari della città di Burgas.

 

La creazione della Thracian House rifletteva gli sforzi dei discendenti traci per dimostrare la memoria inesauribile degli eventi traumatici all’inizio del ventesimo secolo, per affermare la loro identità come comunità e per riaffermare il legame simbolico di individui e gruppi alle terre perdute dei loro antenati.
I rifugiati di ieri che ci parlano dei rifugiati di oggi. Ieri, come oggi, Burgas è una città di frontiera, tra mondi e storie differenti, che arrivano dal mare per portare nel suo porto speranze, paure ed energie. Le antiche foto del porto della città sono un simbolo di un movimento eterno, tra una vecchia e una nuova vita. Quel passaggio nel quale tutti sono fragili e non vanno lasciati soli.

di Christian Elia