Le contraddizioni di Frontex

16 FEBBRAIO 2021

Sempre più potere e più mezzi, ma l’agenzia europea che controlla le frontiere esterne è oggetto di gravi accuse

Per l’agenzia europea Frontex, che controlla le frontiere esterne dell’Ue, il 2021 è iniziato con una serie di polemiche rispetto alla gestione dei fondi, ai risultati pratici che ha ottenuto in questi anni e al suo coinvolgimento in alcuni respingimenti illegali.

Il 2021, in realtà, è iniziato con un grande investimento dei paesi dell’Unione nell’agenzia: entro il 2027 gli effettivi di Frontex passeranno dagli attuali 1.500 a 10mila dipendenti effettivi – 7.000 distaccati dalle forze dell’ordine nazionali – e un budget superiore alla maggior parte delle agenzie dell’Unione Europea. Il budget di Frontex è aumentato da 6,3 milioni di euro nel 2005 a 333 milioni nel 2019, fino a 1,1 miliardi di euro nel 2021 per arrivare a 1,9 miliardi nel 2025.

Sarà la prima agenzia Ue ad avere una sua uniforme, ma proprio mentre si annunciava questo enorme aumento di budget, la sede centrale di Frontex, a Varsavia, veniva perquisita dall’Ufficio europeo antifrode (OLAF) per verificare la gestione dei fondi.

Le polemiche riguardano, in particolare, i cinque eventi pubblici – in quattro anni – organizzati dall’agenzia per un costo totale di 2,1 milioni di euro, come rivelato da EUObserver.

Non è solo l’opaca gestione dei fondi a essere al centro delle polemiche: entro il 5 dicembre 2020, Frontex si era impegnata ad assumere 40 esperti di diritti umani, per monitorare le attività sul campo, ma senza particolari spiegazioni queste assunzioni sono state rinviate di due mesi.

Non è un aspetto secondario: un’inchiesta del sito di giornalismo investigativo Bellingcat ha denunciato che gli effettivi di Frontex attivi nel tratto di mare fra Grecia e Turchia hanno compiuto almeno un respingimento di richiedenti asilo, una pratica illegale (secondo le leggi europee), sono stati presenti durante un altro respingimento effettuato dalle autorità greche, e sono rimasti nelle vicinanze senza intervenire in altri quattro respingimenti. Un altro caso nel Mar Egeo: Frontex ha ordinato a una nave della guardia costiera danese al largo della Turchia di respingere un gommone di richiedenti asilo: l’equipaggio si è rifiutato di farlo e successivamente è stato trasferito in un’altra zona.

Molte ong attive lungo la Balkan Route, inoltre, hanno denunciato che i membri di Frontex collaborano a respingimenti illegali di migranti sul confine tra Albania e Grecia e tra Croazia e Bosnia – Erzegovina. Sul tema c’è stata anche un’interrogazione parlamentare al Parlamento Europeo, per ora rimasta senza esito.

In questo clima, nei giorni scorsi, è arrivata la decisione di Frontex di sospendere le sue operazioni in Ungheria. La motivazione ufficiale è che il ritiro dipenda dalla sentenza della Corte di Giustizia Ue del 17 dicembre scorso, che stabilisce come l’Ungheria non abbia rispettato le leggi comunitarie, impedendo ai migranti arrivati illegalmente ai suoi confini di presentare richiesta di asilo e respingendoli collettivamente in Serbia.

Una decisione giusta, anche tardiva, ma che pare scollegata da tutti gli altri comportamenti che l’agenzia ha sul campo in altri paesi Ue e che ha portato molti osservatori a ritenere questa una confusa operazione mediatica tesa a riequilibrare l’immagine compromessa dell’agenzia.

L’Ungheria viola i regolamenti comunitari in materia di richiedenti asilo almeno dal 2016, perché questa decisione arriva solo adesso? Secondo molti, la mossa di Frontex arriva per smorzare le polemiche, in particolare dopo che il direttore di Frontex, Fabrice Leggeri, è finito nel mirino dalla Commissione Libe (Libertà Civili) del Parlamento Europeo e diversi deputati ne hanno chiesto le immediate dimissioni.

Queste polemiche hanno caratterizzato l’inizio di un anno decisivo: l’Ue punta tutto sull’applicazione del nuovo ‘Pact on Migration and Asylum’ e ha bisogno di un’agenzia efficiente e capace di supportare gli stati membri di frontiera, senza essere accusati di essere parte della violazione dei diritti umani ai confini. Ma l’inizio non promette nulla di buono.

Un budget così grande, al momento, non ha prodotto alcun risultato. Nonostante la pandemia, i numeri degli ingressi irregolari sono rimasti alti, le violazioni dei diritti sistematiche e l’esternalizzazione delle frontiere rende l’Ue dipendente dalle agende politiche di paesi terzi, in particolare la Turchia. La domanda è legittima: forse tutto quel denaro poteva essere investito in corridoi umanitari sicuri e politiche di accoglienza e integrazione funzionali, oltre che nello stabilizzare i paesi di partenza dei flussi migratori.

di Christian Elia